Risposta interrogazione – Carbone pulito

da | 7/01/2014 | Atti parlamentari, Interrogazioni, Novità | 0 commenti

Il Protocollo di Intesa sottoscritto in data 13 novembre 2012 dal Ministero dello Sviluppo Economico e dalla Regione Autonoma della Sardegna, insieme con altre Amministrazioni centrali dello Stato ed enti locali, definisce gli obiettivi e le condizioni generali di sviluppo ed attuazione del cosiddetto «Piano Sulcis». Con successivo protocollo, sottoscritto in data 2 agosto 2013, è stata declinato uno dei programmi previsti dal Piano: il programma per la realizzazione di un Centro di eccellenza «carbone pulito», da inserire nel quadro di un polo tecnologico di ricerca sull’energia eco-compatibile, all’interno del quale sia avviata anche una sperimentazione sulla tecnologia CCS per la separazione ed il confinamento della CO2 emessa nel processo di produzione elettrica da fonti fossili.
In merito ai dati relativi al peso delle singole voci di costo della bolletta elettrica, l’affermazione degli On. Interroganti »le voci in bolletta connesse alle fonti fossili sono già passate dal 31 al 57 per cento, del totale contro il 33 per cento delle rinnovabili» non sembra trovare alcun riscontro nei dati ufficiali.
Pertanto procedendo per ipotesi, nel caso in cui il suddetto dato si riferisse agli incentivi statali, si segnala che secondo i dati del quarto trimestre 2013 dell’AEEG, le voci di costo della bolletta elettrica sono così ripartite:
1) Costi energia, vendita e dispacciamento: 52,66 per cento;
2) Costi di rete e misura: 14,57 per cento;
3) Oneri generali di sistema: 19,4 per cento;
4) Imposte: 13,33 per cento.

Gli incentivi statali alle diverse forme di energia si trovano all’interno della voce 2) nel conto denominato A3 (che pesa per il 93 per cento circa del totale degli oneri generali).
Il conto A3 è così ripartito (fonte GSE Rapporto attività 2012 e AEEG):
Incentivi alle fonti rinnovabili: 90 per cento;
Incentivi alle fonti fossili assimilate (CIP 6): 10 per cento.

Sulla base dei dati ufficiali, quindi, si può calcolare che gli incentivi alle fonti rinnovabili pesano per un 16 per cento sulla bolletta, mentre quelli a favore delle fonti fossili pesano per un 2 per cento sulla bolletta.
A queste forme di incentivo esplicito bisognerebbe, per completezza, sommare gli incentivi che le fonti fossili ricevono a valere sulla componente «costi di dispacciamento» all’interno della voce 1) (remunerazione provvisoria capacità produttiva). Questi ultimi hanno tuttavia un peso trascurabile rispetto al totale (circa 150 M euro/anno, ovvero circa lo 0,25 per cento del totale della bolletta – dati AEEG 2012).
Qualora, invece, il medesimo dato segnalato dagli On. Interpellanti si riferisce al peso di ciascuna fonte di energia primaria sul costo finale della bolletta, è evidente che, oltre agli incentivi, bisogna considerare il mix di generazione medio nazionale che, secondo i dati del GSE 2011 (fuel mix disclosure), è così composto:
Fonti fossili: 55,8 per cento;
Fonti rinnovabili: 36,7 per cento;
Nucleare (importato): 1,8 per cento;
Altre fonti: 5,7 per cento.

Emerge chiaramente quanto sia rilevante la quota «rinnovabile» nel mix di generazione nazionale. Essa è già superiore agli obiettivi condivisi a livello europeo ed internazionale (20-20-20). Inoltre, rispetto all’anno precedente (2010), si rileva un aumento di circa un punto percentuale ed anche il trend recente è orientato alla crescita.
Relativamente, all’utilizzo del carbone quale combustibile per la produzione di energia elettrica ed in particolare in ordine al fatto che in Sardegna, «[…] sono in discussione ulteriori due progetti di impianti alimentati con quella fonte, fatto grave che rappresenta un ulteriore attacco dal punto di vista economico, ambientale e sanitario per quella terra già notevolmente coinvolta da fenomeni di inquinamento industriale; […]», si fa presente che, ad oggi, non risultano nuove progettazioni di centrali a carbone.
Nel sito di Fiume Santo (SS), la Società E.On Produzione Spa, titolare della Centrale ivi operante, è stata autorizzata, con provvedimento n. 55/02/2010 del 4 ottobre 2010, alla realizzazione di una nuova sezione a carbone (410 MWe, 858 MWt), in sostituzione delle esistenti unità n. 1 e n. 2, alimentate a olio combustibile. Si specifica, pertanto, che si tratta pertanto di un nuovo impianto, bensì della modifica di una centrale esistente mediante la realizzazione di un nuovo gruppo più efficiente ed ambientalmente compatibile, in sostituzione delle sezioni esistenti meno performanti.
Inoltre, appare opportuno precisare che il succitato provvedimento autorizzativo è stato rilasciato, secondo i dettami della legge n. 55/2002, a seguito di un complesso procedimento amministrativo che ha visto il coinvolgimento degli Enti locali, quali Regione e Comuni territorialmente interessati, nonché delle Amministrazioni statali poste a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, che nell’ambito del procedimento hanno espresso le proprie valutazioni in merito all’iniziativa e alla sua compatibilità con il territorio. In particolare, si rileva infatti che condizione imprescindibile per il rilascio del suddetto titolo autorizzativo è stata una valutazione della compatibilità ambientale favorevole, nonché una positiva Intesa regionale. Inoltre, si precisa che l’esercizio dell’impianto di Fiume Santo è disciplinato da un provvedimento di Autorizzazione Integrata Ambiente che, valutandone la conformità alle migliori tecnologie disponibili e agli standard ambientali disposti a livello europeo, ne regola le modalità di esercizio, anche in considerazione della specificità del sito, già coinvolto da fenomeni di inquinamento correlati ad attività industriali precedenti.
In particolare, il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale ha comportato un’istruttoria da parte degli organi tecnici competenti, mirata a verificare che il livello emissivo della centrale permanga entro limiti tecnici tollerabili dal sistema ambientale-sanitario. Inoltre, la predisposizione di un Piano di Monitoraggio e Controllo, che impone verifiche tecniche sugli impianti e sulle modalità della loro conduzione, costituisce uno strumento affidabile per il controllo sistematico del processo produttivo e delle attività ausiliarie a supporto, con l’obiettivo principale di tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente.
Infine, per completezza di informazione, rappresenta presente che la Società E.On Produzione S.p.A. ha ottenuto due proroghe del termine di avvio dei lavori, per motivazioni connesse alla necessità di esecuzione di interventi di bonifica del sito. Pertanto, attualmente la scadenza per l’avvio dei lavori è posticipata al 4 dicembre 2014.
Per quanto attiene le altre Centrali a carbone ubicate sul territorio della Regione Sardegna, si evidenzia che la Società Enel Produzione S.p.A. ha inoltrato istanza per l’autorizzazione all’installazione di un nuovo desolforatore per la sezione n. 2 della Centrale termoelettrica «Grazia Deledda» di Sulcis, attualmente in fase procedimentale presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per la verifica di assoggettabilità alla V.I.A.
Passando all’esame specifico dei singoli quesiti posti On.li Interroganti, si rappresenta quanto segue.

a) chiarire come mai si intenda spendere ancora fondi pubblici per una sperimentazione sui processi di ossicombustione già attuata positivamente in passato da ENEA.
L’ossicombustione è una delle tecnologie più innovative e promettenti per la cattura della CO2 ed è in fase di studio in molti paesi tra cui gli USA dove la tecnologia italiana (promossa da ITEA, gruppo Sofinter – Ansaldo Caldaie di Gioia del Colle) è seguita con attenzione ed ha già avuto alcuni riconoscimenti dal DOE e dal MIT. ENEA, insieme a ITEA ha partecipato alcuni anni fa ad un progetto per realizzare un impianto sperimentale da 5 MW nel sito ITEA di Gioia del Colle per studiare il combustore a ossigeno per i rifiuti; non è vero, come si afferma nell’interrogazione, che visti i costi dell’ossigeno si dovevano fare solo piccoli impianti; al massimo si dovevano studiare taglie più elevate per verificare le economie di scala. Stante il buon fine della sperimentazione, si decise nel 2010 di fare un pilota da 48 MW termici a Brindisi presso la centrale ENEL (accordo ENEL-ENEA-ITEA), ma poi, vista la situazione generale della CCS, ENEL decise di soprassedere in attesa di tempi migliori. Il progetto proposto in Sardegna è la riproposizione riveduta e corretta di quello di Brindisi e potrebbe dare risposte positive sulla fattibilità tecnico-economica della tecnologia in vista di future applicazioni, che non riguarderebbero solo il carbone ma anche altre filiere come i rifiuti (a Singapore ITEA ha un impianto di trattamento dei rifiuti in funzione con questa tecnologia). L’ossicombustione può applicarsi infine ad ogni tipo di carbone: è ovvio che non è una tecnologia di desolforazione e quindi saranno necessari degli impianti di captazione degli ossidi di zolfo (DE-SOx), da applicare ad una eventuale centrale, ma questo vale per tutte le tecnologie di cattura;

b) chiarire come mai si intendano utilizzare risorse provenienti dai fondi NER 300 per una sperimentazione sui CSS da energia non rinnovabile non prevista dal protocollo dello stesso NER e che è peraltro già stata effettuata in passato da ENEA.
Al riguardo occorre precisare che il NER 300 non deriva da fondi PON ma dalle quote dei nuovi entranti dell’ETS (new entrants resources). La CCS è pienamente ammissibile al NER, anzi è la seconda gamba insieme alle rinnovabili, anche se non c’è esclusiva per il carbone ma per tutte le fossili e i processi industriali. Sul primo bando nessun progetto europeo è stato finanziato per i noti motivi (crisi, costo CO2, cantierabilità, etc.) e l’unico progetto italiano (ENEL Porto Tolle) era stato ritirato. Il secondo bando è in fase di istruttoria BEI ma nessun progetto italiano di CCS è stato presentato. Inoltre, il progetto Sulcis non poteva essere presentato al NER perché non era identificato lo sponsor industriale e non c’era alcuna autorizzazione;

c) chiarire se un’eventuale centrale a carbone realizzata con le tecniche di ossicombustione dovrà o meno utilizzare carbone del Sulcis o come pare carbone proveniente parzialmente dall’estero, considerato che l’ossicombustione abbatte in percentuale le emissioni di carbonio in atmosfera ma non l’elevata quantità di zolfo, pari all’8 per cento, presente nel carbone estratto nei siti di coltura limitrofi, per evitare la quale esistono solo esempi sperimentali di processi costosi che contribuirebbero a mettere fuori mercato l’energia prodotta.
In merito si evidenzia che la centrale prevista dal protocollo è da realizzare, sulla base di quanto previsto dal medesimo protocollo, al termine di una fase di sperimentazione nell’ambito del polo tecnologico per il carbone pulito. Tale centrale è previsto che sia realizzata da un soggetto individuato da una gara internazionale bandita dalla regione Sardegna e che non utilizzi il carbone estratto dal giacimento che peraltro, come affermato anche dagli On.li Interroganti, è previsto che termini l’attività estrattiva nel 2018;

d) chiarire come mai si intenda continuare a produrre energia e per giunta da fonti non rinnovabili e inquinanti quando il settore italiano è già gravato da centinaia di esuberi nella forza lavoro.
Al riguardo si sottolinea che la produzione e la vendita di energia elettrica sono attività completamente liberalizzate dal decreto n. 79/99. Il Governo, quindi, non è in grado di stabilire quanta capacità di generazione debba essere installata sul territorio, né può influenzare la richiesta di energia dalle utenze e la conseguente energia prodotta. Le politiche di natura energetica vengono attuate anche tramite gli incentivi, che al momento sono erogati solo a favore dei produttori a fonti rinnovabili ed assimilate a valere sul conto A3 della bolletta (come rilevato in precedenza), oltre che tramite lo sviluppo della rete elettrica nazionale e la promozione delle smart grid e della generazione distribuita.
È opportuno comunque precisare che, pur essendo indubbia l’importanza dello sviluppo delle fonti rinnovabili (l’Italia ha già superato gli obiettivi condivisi a livello europeo sul fronte elettricità), il «sistema Paese» necessita di una adeguata diversificazione del mix energetico, elemento questo che concorre fortemente a garantire la stabilità e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
Al riguardo, l’attuale mix produttivo italiano risulta decisamente orientato ad un mix gas – rinnovabili, con vantaggi sotto il profilo ambientale. Tale tendenza, tra l’altro, risulta incrementata negli ultimi anni anche a causa di una forte riduzione dell’uso dell’olio combustibile, il cui utilizzo non risulta più compatibile con gli standard ambientali richiesti.
Pertanto, ferma restando l’attuale politica energetica italiana, orientata verso la diffusione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili, lo spazio per una quota di produzione con carbone è da ritenersi coerente con l’ottica di realizzare un migliore equilibrio nell’approvvigionamento dei combustibili per la produzione di energia elettrica.
Un sistema energetico gestito solo attraverso fonti rinnovabili potrebbe comportare problemi tecnici di gestione in sicurezza e sicuramente darebbe oggi problemi di costo molto elevato, non sostenibili neanche considerando gli indubbi vantaggi delle rinnovabili in termini di emissioni in atmosfera e complessivo impatto ambientale;

e) chiarire, dal momento che l’energia così prodotta, così come esposto nella premessa, avrebbe dei prezzi superiori a quelli di mercato se si intenda ripercorrere una strada già investita da procedura di infrazione dalla Commissione europea per distorsione del mercato, in relazione alla cessione di energia a prezzi di favore a seguito della legge n. 80 del 2005, all’articolo 11, comma 14.
In merito a tale quesito, occorre premettere che il progetto derivante dalla legge n. 80/05 e successive modificazioni è stato notificato alla Commissione europea prima di porlo in esecuzione e che tale progetto verrebbe rimpiazzato da quello derivante dal Protocollo Sulcis.
Ciò posto, si precisa che il suddetto progetto non è stato sottoposto a procedura di infrazione ha piuttosto seguito la procedura di notifica prevista per gli aiuti di Stato al fine di valutarne l’eventuale incompatibilità con il diritto comunitario e che, in quest’ambito, non vi è stata alcuna decisione negativa, ed è tuttora in fase di indagine formale da parte della Commissione europea che, nella fase istruttoria aveva avanzato diverse perplessità.
Il progetto previsto dal protocollo si differenzia peraltro dal precedente per l’introduzione del tetto all’incentivo (30 euro/MWh contro i precedenti 150) da erogare solo nelle condizioni di esercizio a piena capacità dell’impianto di cattura e stoccaggio della CO2 e fino a un massimo di produzione incentivabile (2100 GWh/anno). Tale meccanismo, unito all’audit sulla rendicontazione ed alla possibilità di aggiustamenti ex post del contributo evita ogni possibile sovra compensazione a favore del vincitore della gara internazionale cui sarebbe assicurato esclusivamente il minimo contribuito indispensabile per realizzare l’impianto.
Inoltre, tale formulazione fa sì che l’intero intervento sia realizzabile con un prelievo significativamente inferiore sulle bollette mantenendo, nel contempo, la valenza «sperimentale» del progetto volto a verificare la fattibilità della tecnologia CCS (cattura e stoccaggio del carbonio) su scala commerciale assicurandone la compatibilità con le norme comunitarie (è stata comunque inserita una clausola «stand still» per cui nessun incentivo potrà essere erogato prima dell’approvazione da parte della Commissione europea);

f) chiarire, visto il surplus energetico indicato in premessa e l’eventuale utilizzo di fondi pubblici, se alla base dell’accordo in questione esista un piano energetico regionale coerente con un piano industriale che indichi la destinazione dell’energia prodotta ovvero la reale necessità di realizzare una nuova centrale.
In merito si segnala che la Regione Sardegna è pienamente d’accordo con l’iniziativa;

g) accertare l’esistenza di studi geologici effettuati in passato direttamente da Carbosulcis attraverso specifiche geoprospezioni, per le quali sarebbero stati utilizzati ingenti risorse pubbliche per attrezzature e consulenze che avrebbero accertato l’impossibilità del sottosuolo del Sulcis ad accogliere lo stoccaggio della CO2 a causa della frammentazione della vena carbonifera laddove si vorrebbe immettere CO2, nel tratto da Funtanamare a Nuraxi Figus, e che nello stesso sito non sarebbe stato trovato alcun giacimento di carbon fossile, perlomeno non continuo, e in tal caso chiarire come mai sia stato scelto per la sperimentazione dello stoccaggio della CO2 un sito geologicamente inadatto a tale scopo.
Per quanto concerne gli studi geologici, corrisponde al vero che Carbosulcis ne ha fatti diversi con INGV, OGS e RSE su banche dati esistenti, tuttavia non risulta che il sito sia inadeguato, almeno stando alle indicazioni emerse; ovviamente sono necessari ulteriori approfondimenti sul campo (e quindi onerosi) che si potranno fare solo in presenza di un progetto concreto;

h) chiarire se i fondi derivanti dal NER 300 debbano essere utilizzati per finanziare anche se solo trasversalmente in modo, ad avviso degli interroganti palesemente inammissibile il progetto di costruzione della centrale a carbone prevista dal succitato protocollo d’intesa.
Come in precedenza precisato nella risposta la quesito b) si segnala che il NER 300 non deriva da fondi PON ma dalle quote dei nuovi entranti dell’ETS (new entrants resources). La CCS è pienamente ammissibile al NER, anzi è la seconda gamba insieme alle rinnovabili, anche se non c’è esclusiva per il carbone ma per tutte le fossili e i processi industriali. Sul primo bando nessun progetto europeo è stato finanziato per i noti motivi (crisi, costo CO2, cantierabilità, etc.) e l’unico progetto italiano (ENEL Porto Tolle) era stato ritirato. Il secondo bando è in fase di istruttoria BEI ma nessun progetto italiano di CCS è stato presentato. Inoltre, il progetto Sulcis non poteva essere presentato al NER perché non era identificato lo sponsor industriale e non c’era alcuna autorizzazione;

i) chiarire come mai si intenda insistere nella produzione di energia da carbone proveniente parzialmente da un sito di cui è prevista la chiusura già nel 2018.
Come in precedenza precisato nella risposta al quesito c) è previsto che la centrale sia realizzata da un soggetto individuato da una gara internazionale bandita dalla regione Sardegna e che non utilizzi il carbone estratto dal giacimento che peraltro, come affermato anche dagli On.li Interroganti, è previsto che termini l’attività estrattiva nel 2018.

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